Ma in pratica come facciamo ogni giorno a parlare?

Pensiamo sempre alle parole come a un insieme di lettere, ma questo in molti casi ci crea dei problemi

È una domanda in stile «prima l’uovo o la gallina?», sì. Però vi siete mai soffermati a pensare davvero a come riusciamo a parlare? Non è una roba da poco, diciamolo subito. Anzi, è un’operazione che costa al nostro asse corpo-mente un sacco di energia.

Sì, perché sono coinvolti dei processi mentali, cognitivi, super complessi e al tempo stesso un impegno fisico notevole. Proprio così, i nostri muscoli si attivano e compiono movimenti di cui non abbiamo consapevolezza.

Ora proviamo a capire, tipo in Esplorando il corpo umano, che succede ogni volta che apriamo bocca per dire qualcosa di più o meno furbo.

Le parole sono composte da suoni

Eh, bella scoperta, starete pensando. Però vi assicuro che se tutti avessimo questa consapevolezza, capiremmo molto di più circa il funzionamento del linguaggio. E così non è (ma grazie a Linguinsta le cose miglioreranno). Dicevamo, suoni: quando pensate a una parola dovremmo immaginarci un insieme di suoni piuttosto che di lettere. Sì perché queste ultime sono un modo per avere una forma scritta della lingua, ma quello che in un certo senso conta di più (per una serie di motivi nei quali non possiamo addentrarci qui) è il parlato.

Sti suoni come nascono?

Rullo di tamburi: dall’aria. Sì, che nella maggior parte dei casi è quella che esce dai nostri polmoni, ma in un numero limitato di suoni può anche essere quella che entra nel nostro corpo. 

Quindi in generale i suoni che compongono le parole che diciamo sono creati dall’aria che parte dai polmoni, attraversa bronchi, trachea e faringe, per uscire dalla bocca e dal naso. Un bel viaggio, no?

Questo è lo schema di base che vede nella zona della laringe, situata tra trachea e faringe, la fermata più cruciale. Proprio qui, infatti, grazie alle pliche vocali si crea il segnale acustico, il suono vero e proprio.

Ma ci sono suoni diversi

Sì e tutti ne siamo consapevoli. Una p non ha lo stesso suono di una r. Questo perché il suono che creiamo nella laringe viene modulato nelle aree superiori della bocca. Organi come la lingua, il palato e le labbra si attivano e modificano il suono.

Così, qui non entriamo troppo nel merito, ogni suono ha caratteristiche molto diverse che lo rendono unico (e classificabile). E andando oltre: ogni lingua ha un inventario di suoni a disposizione, selezionati nel corso del tempo. Restando nel mondo delle vocali (o meglio dei suoni vocalici), per esempio, l’italiano ne conta sette (alcuni di voi saranno sorpresi, mi sa), ma per dire il tedesco ne ha ben di più.

(Nella foto una scena del film Il discorso del re).