Ansia di parlare e gli altri scherzi che la paura può farci quando interagiamo in pubblico

Sono molti i modi in cui l’ansia può modificare il modo in cui parliamo: ne abbiamo parlato con la psicoterapeuta Federica Cagnoni

L’ansia di parlare è solo uno dei modi in cui la paura, quando diventa patologica, riesce a ridisegnare le nostre giornate, spesso privandoci di alcune delle attività che svolgevamo in serenità. Fra gli ambiti che colpisce l’ansia, infatti, c’è proprio quello del linguaggio e della comunicazione.

Lorenzo, protagonista di «Incantato. Dentro gli attacchi di panico», romanzo dedicato ai disturbi d’ansia, descrive così uno degli effetti che l’ansia e i pensieri ossessivi producono sulle sue interazioni con le persone che incontra:

«Nelle poche uscite serali di agosto ormai non parlavo quasi più. Ero sempre e solo in ascolto: di ogni minimo segnale del mio corpo, di ogni nervo che si tendeva, di ogni muscolo che si irrigidiva. Le loro voci erano sovrastate occasionalmente solo da quelle dei pensieri sgraditi, con i loro ritornelli assordanti. Le parole delle persone intorno a me le percepivo, ma senza ascoltarle.

«Ohi, ma ci sei?».

Non lo so, se ci sono davvero: avrei dovuto rispondere esattamente così quando qualcuno notava un certo smarrimento nei miei occhi; ma non lo facevo, la vergogna non me lo consentiva. Con grande fatica cercavo invece di dare un riscontro alle parole del mio interlocutore, di valorizzare in qualche modo la conversazione. Ci riuscivo anche, ma a quale costo…».

Per chi soffre a livello psicologico, perfino parlare quindi può costare un’enorme quantità di energie. Ma al di là di questo, ci sono molti altri modi in cui l’ansia incide sul linguaggio delle persone che colpisce. Ne abbiamo parlato con Federica Cagnoni, psicoterapeuta e docente del Centro di Terapia Breve Strategica. Ci spiega che occorre distinguere tre aspetti che spesso, quando si soffre di ansia, diventano problematici: le paure, il controllo di alcuni aspetti delle nostre vite e infine l’importanza del giudizio degli altri.

Balbuzie e black out: il linguaggio della paura fuori misura

Nel caso delle persone che sperimentano fobie invalidanti, in grado cioè di influire negativamente sulla quotidianità, «la paura può paralizzare anche la produzione del linguaggio. Nelle situazioni ansiogene può emergere una forma di balbuzie, anche si tratta di persone che di solito non balbettano». In coloro che invece già balbettano, l’ansia può determinare una balbuzie più marcata, soprattutto quando «si deve parlare con persone con cui non si è a proprio agio o con sconosciuti».

In altri casi può invece verificarsi una sorta di «blackout mentale, nel quale la persona non riesce a parlare, paralizzata del tutto dall’ansia. Sa cosa vorrebbe dire, ma non riesce a farlo. Ci sono infine dei casi in cui sembra che dalla mente spariscano concetti e argomenti, una sorta di tabula rasa analoga a quella che abbiamo sperimentato in alcuni esami o interrogazioni. Fino a poco prima era tutto chiaro ma a un certo punto sparisce tutto. Il risultato è una forma di mutismo nella quale la persona non sa più quello che deve dire».

L’ansia di parlare, cioè l’ipercontrollo sulle parole

Alcune persone ansiose esercitano un ipercontrollo sulle proprie vite, un’attitudine che alla lunga può portare all’esito opposto, cioè alla perdita del controllo. In questi casi, può accadere che una persona possa manifestare un’insolita lentezza nella produzione linguistica. Alcune persone ansiose, così, «prima di dare una risposta a una domanda qualunque, anche solo un sì o un no, possono temporeggiare qualche secondo, un’attesa che per chi ascolta sembra interminabile. Questo accade perché la persona pensa attentamente a cosa dire prima di rispondere». Insomma, l’ipercontrollo si estende e interessa anche la produzione del linguaggio.

«Altre poi parlano molto lentamente perché a livello mentale riformulano continuamente quello che hanno appena detto, passandolo al setaccio man mano che procedono».

L’ultimo caso chiama in causa invece le ripetizioni: l’ansia può portare a ripetere un pezzo della frase appena conclusa all’inizio della successiva: «un po’ come se non riuscisse a procedere senza prima fare un passo indietro».

Il peso del giudizio degli altri

Chi soffre d’ansia può infine essere portato a dare un’importanza eccessiva al giudizio degli altri. Può succedere così che «il nostro modo di esprimerci venga invalidato dalla paura del giudizio altrui: si teme, insomma, di venire giudicati negativamente per cosa dice e per come lo si dice, di apparire perfino stupidi. Questo timore può portare a parlare in modo poco fluido oppure, nei casi più severi, al silenzio totale».

In alcuni di questi casi chi parla monitora costantemente i feedback che possono arrivare dall’interlocutore: «cercano un riscontro nello sguardo, ad esempio. Non è un caso, infatti, che abbiano enormi difficoltà a comunicare non di persona, come accade con le telefonate, a meno che non si tratti di un interlocutore molto familiare».

Chi presenta queste sfumature dell’ansia, può anche arrivare a un esito diametralmente opposto al silenzio totale. «In quest’ultima categoria rientrano coloro che temono di essere prive di argomenti quando devono intervenire oppure di risultare noiose e banali. Spesso parlano quindi ininterrottamente, come libri stampati, risultando talvolta agli occhi di chi le ascolta un po’ troppo impostate».