In Italia, a discapito della norma, continuiamo a declinarlo al maschile, anche in contesti istituzionali
È un po’ curioso il fatto che alcune parole proprio non vogliamo pronunciarle e scriverle come “dovremmo”; come cioè prevedono le regole dell’italiano standard. E passi per quelle parole che ormai si sono radicate nel sistema linguistico – nazionale o locale – con una forma non standard, ma per quelle nuove, per i neologismi, potremmo forse fare lo sforzo di aderire alla norma.
Ad esempio, ormai ho perso le speranze nel ricordare ai miei concittadini che Bengasi è una parola piana, cioè in cui l’accento cade sulla penultima sillaba. In questo caso l’accento tonico è sulla /a/, Bengàsi. Ma a Torino ti senti quasi un cretino tu che la pronunci così, perché il 99% dei torinesi, in riferimento a una piazza che ospita un noto mercato rionale, si ostina a dire Bèngasi. E non li schiodi; neanche se fai notare loro, ad esempio, che il telegiornale non pronuncia il nome della città libica in quel modo lì. Amen, sono molto dispiaciuto per i libici, ma tant’è.
Non diversamente, in alcune città meridionali, fra cui Bari e Napoli, spesso si tende a spostare l’accento di Cavour, un fenomeno se non ricordo male dovuto a ipercorrettismo (che è una cosuccia proprio interessante, leggete qui se volete capirci qualcosa in più). Cavour (/ka’vur/) diventa così Càvour, con l’accento sulla /a/.
Ma mannaggia alla miseria: perché Covid che non è ancora una parola così radicata nel sistema linguistico non possiamo sforzarci di pronunciarla come si dovrebbe? Ripetiamo insieme: Co.Vi.D è in realtà una sigla. Sì, non è covid che deriva dal latino covidum che a sua volta arriva dall’indoeuropeo *cvd (è una ricostruzione tutta inventata, eh, per carità). No, questa parolina arriva dall’unione delle iniziali di Corona (Co), Virus (Vi), Disease (D); tutto ciò traduce in inglese l’italiano malattia da coronavirus. E poiché malattia è femminile in italiano, dovremmo ricorrere anche qui al femminile. Di nuovo in coro: LA Covid19. Se nutrite ancora qualche dubbio, potete consultare l’ultima edizione del dizionario Zingarelli che riporta tutti i neologismi “sbarcarti” nella nostra lingua.
Certo, non possiamo che essere portati a dire il Covid se anche i mezzi di informazioni e i rappresentanti delle istituzioni ricorrono al maschile. Però, ecco, non siamo costretti a seguire sempre certi esempi, soprattutto quando maturiamo la consapevolezza che si tratta di un errore.