Bansaka, il gergo protettivo della comunità lgbt birmana

Le piccole comunità possono trovare strumenti linguistici sia per consolidare l’identità sia, in alcuni casi, per garantire la propria sicurezza

La prima domanda non vorremmo mai porla: proteggersi da cosa? La risposta è quanto meno ovvia: dalla violenza omofoba. Un fenomeno che in Birmania è piuttosto diffuso anche fra le mura domestiche. Questo anche per una convinzione religiosa: per i birmani, che sono in larga parte buddhisti, essere gay o transgender equivale a una punizione per aver commesso qualcosa di negativo nella vita precedente.

In una società che dimostra ostilità, molti membri della comunità LGBT hanno quindi pensato di riformulare parte della lingua standard. Ne è nato così un gergo che viene chiamato bansaka e di cui recentemente ha parlato il The Economist.

La lingua permette in questo modo a una comunità non solo di aumentare la propria sicurezza, ma anche di riconoscersi. E come tutte le lingue deve essere appresa; un processo che in Birmania avviene spesso sul luogo di lavoro che in genere interessa professioni come parrucchieri e truccatori.

Nel bansaka sono soprattutto le parole, il lessico, a venire trasformati. In particolare, un meccanismo prevede l’inversione delle vocali che formano una parola. Un po’ come se in italiano pacco diventasse pocca: un fenomeno linguistico piuttosto creativo. Attenzione perché anche in Italia in alcune comunità LGBT accade qualcosa di analogo. «Amore, andiamo a fare un rogi?»: nella nostra lingua non sono le sole vocali a cambiare di posto, bensì intere sillabe, che si invertono. Come potrete intuire, rogi sta per giro. Certo, nel nostro Paese la situazione sociale è differente – soprattutto nelle grandi città – però persiste la volontà di modificare la lingua per creare un gergo comune.

Oltre al lessico, nel bansaka sono stati coniati anche gesti particolari interessando così anche la dimensione paraverbale del linguaggio. In particolare il gesto che noi utilizziamo per trasmettere il concetto di ok assomiglia a una lettera dell’alfabeto birmano il cui suono corrisponde alla parola che significa sazio. Ecco, in bansaka questo gesto passa a indicare il messaggio «ne ho abbastanza» o in alternativa «smetti di parlare».

(Foto: unsplash.com).