Una domanda non superflua considerando il ruolo che il cibo ha conquistato nei nostri discorsi, privati e pubblici
Difficile immaginare un tema che sia “esploso” così tanto nei nostri discorsi quanto il cibo negli ultimi anni. Certo, di cosa e come mangiamo si è sempre parlato e scritto; basta ricordare che già a fine Ottocento veniva dato alle stampe La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene di Artusi, un volume che ha rappresentato una pietra miliare nella letteratura culinaria del nostro paese.
Ma negli ultimi anni il cibo si è imposto su diversi mezzi di informazione e di comunicazione. Spesso è al centro delle nostre foto di Instagram, i servizi televisivi e gli articoli si susseguono senza posa, così come i format televisivi. Viene così da chiedersi se si tratti di una bolla o se il cibo sia diventato un tema per così dire strutturale del discorso pubblico.
Se n’è parlato anche a EGO, Eno Gastro Orbite, rassegna dedicata all’enogastronomia che in questi giorni si svolge nel Castello Aragonese di Taranto. E a questo proposito Gesualdo Vercio, direttore della programmazione del canale Food Network (Discovery Italia), non ha dubbi: «il cibo in televisione non si esaurirà: è un racconto infinito». Già, fintanto però che la televisione riesce a intercettare esigenze diffuse nella società. È il caso del programma Cortesie per gli ospiti di Real Time, in cui «si fa vedere, si condivide, proprio come sui social, la propria tavola e la propria casa».
E in questo settore Vercio rivendica il potere del mezzo televisivo anche di imporre in qualche modo delle tendenze: «è la televisione che ha lanciato il cake design».
L’alta cucina che trova nuovi linguaggi
Un piatto, un altro piatto, mille ricette, poi l’ennesimo show cooking. Come in tutti i settori, la noia è dietro l’angolo in una società in cui la riflessione e la pazienza non sono più all’ordine del giorno. Non stupisce così che nascano nuovi progetti, alcuni dei quali all’insegna – per fortuna – dell’etica. È il caso del noto Refettorio Ambrosiano lanciato da Massimo Bottura e gestito dalla Caritas Ambrosiana di cui a EGO ha parlato Cristina Reni, project manager di Food for Soul. Sostanzialmente un progetto per rendere accessibile l’alta cucina a tutti, anche a coloro che vivono condizioni sociali svantaggiate.
Fulvio Zendrini ritiene questo progetto anche «un’ottima operazione di marketing», difficilmente ripetibile da altri chef, per lo meno negli stessi termini. Zendrini ha poi confessato la sua avversione per TripAdvisor che non considera una forma di comunicazione del buono; meglio come punto di riferimento le guide tradizionali, spesso viste – a torto – in via di estinzione come ha ricordato la giornalista Eleonora Cozzella.
Il problema per Zendrini è che TripAdvisor si basa sul concetto del mi piace/non mi piace che a suo avviso «non conta nulla». E ricorda infine che qualsiasi forma di comunicazione, comprese quelle sul cibo, deve riuscire nell’arduo compito di vendere un sogno. Un sogno, sì, ma comunque connesso a un’esigenza, a un prodotto, un servizio, un’esperienza che in qualche modo deve servire a qualcosa.
Tra le nuove forme di comunicazione è senza dubbio interessante (ed emozionante) quella pensata da San Marzano Vini che proprio a EGO ha presentato per la prima volta il suo cortometraggio – con la regia di Frankie Caradonna – dedicato al Vietnam, terra in cui il consorzio vitivinicolo va molto forte. Un’iniziativa che potrebbe lasciare con un punto di domanda, ma che si spiega nella convinzione che «il vino non è di chi lo fa, ma di chi lo beve».
Arte o alto artigianato?
È il dubbio che oppone Zendrini e il poeta e intelletuale Enrico di Palma quando si tratta di “classificare” il cibo. Difficile venirne a capo senza prima stabilire – ci hanno provato fior fior di intellettuali – cosa sia l’arte. Ma di Palma è comunque convinto che «la cucina oggi sia un linguaggio abbastanza maturo per essere considerato un’arte». Zendrini invece sostiene che si tratta di un’alta forma di artigianato.
Noi rileviamo soltanto che linguisticamente è un po’ una questione di lana caprina, se si considera che artigianato evidentemente custodisce nella sua radice lessicale, quindi nel suo significato, il concetto di arte.
(Nella foto lo sgombro sorprendente preparato dallo chef Salvatore Carlucci in occasione della serata inaugurale di EGO).