I cambiamenti indotti dal Coronavirus interessano molte sfere della nostra vita e le parole che usiamo per descriverle stanno modificando parte dei propri significati
Il presupposto lo sappiamo: la lingua cambia insieme alla realtà come ci ha ricordato Vera Gheno qui. Linguinsta ha voluto capirci qualcosa in più grazie a 6per6, una rassegna in cui sono emersi diversi aspetti interessanti a questo proposito. E qui vogliamo riprendere tre aspetti fondamentali, tutti riguardanti le relazioni che abbiamo rispettivamente con le nostre emozioni, con chi amiamo e con gli amici.
La paura, che forse dovrebbe farci meno paura
Roberto D’Incau ha sottolineato un aspetto fondamentale: la paura ci è utile – fin dalla notte dei tempi – e non dovremmo temerla. «La paura di avere paura spesso è ancora peggio della paura in sé. Cioè, la paura di estrinsecare le nostre paure è talmente paralizzante che è ancora peggio del sentire, dello starci dentro, nelle paure, chiamarle col loro nome e affrontarle. È come avere un demone dentro di sé che ci morde e ci dà fastidio» ha spiegato D’Incau che nella vita si occupa anche di coaching. Un discorso valido sia per le relazioni interpersonali sia a lavoro, dove spesso non osiamo neanche esternare un problema con il nostro capo, rimanendo paralizzati in una situazione di discomfort.
Dovremmo quindi imparare a farcela amica, a sfruttare le possibilità di cambiamento che ci mostra. Una parola, paura, che ha riempito molti discorsi pubblici in questi mesi ed è stata usata per generare un clima del terrore che non ha fatto bene a nessuno. Ma al tempo stesso questi giorni sono stati un’occasione irripetibile per rifamiliarizzare con questo stato emotivo. Ricordandoci anche che perfino nel linguaggio questa parola non è sempre connotata negativamente. Pensate, ad esempio, quando dite «è stata una serata da paura», alludendo a una serata indimenticabile.
L’intimità sessuale non è l’unica possibile
Già, siamo portati a identificare questa parola con il sesso, complici espressioni come parti intime e sapone intimo. Intimità viene però dall’aggettivo latino al grado superlativo intimus e significa che sta più all’interno. Dalla stessa radice arriva anche interiorità, per intenderci.
È intimo tutto ciò che ci sta più a cuore in qualche modo, tutto ciò che ci tocca nel profondo. Ma anche rimanendo nell’ambito della sessualità, è interessante come la reclusione imposta dal Coronavirus ci abbia cambiati in alcuni casi.
Molti si aspettavano un aumento dell’attività sotto le lenzuola, ma Fabrizio Quattrini, presidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica sconfessa questo mito. «Non è aumentata in generale l’attività sessuale da quello che ho potuto osservare. Si sono imposte, semmai, altre forme di intimità, magari basate sul guardare insieme una serie di Netflix». Sì, perché l’intimità può assumente forme diverse e come sottolinea Quattrini, «per qualcuno può essere più intimo un bacio di un atto sessuale».
L’attività sessuale è stata poi inibita da altri elementi tipici di queste settimane: una maggiore presenza dei figli in casa, prima di tutto. Un fatto che per Quattrini scoraggia i genitori più giovani ma che in passato non avrebbe costituito un deterrente.
Di fatto il Coronavirus ha regalato un momento di verità in relazione ai rapporti intimi fra partner. «La quarantena ha portato alla luce alcuni aspetti che magari prima erano latenti. Chi aveva qualche frizione è arrivato a livelli di insofferenza estremi con persone che non sopportano neanche più il battito di ciglia del partner. Sospetto che dopo queste settimane ci saranno più divorzi che matrimoni».
Diverso il caso di chi ha trascorso la reclusione da solo. In questo caso c’è stata l’occasione di riscoprire magari il proprio corpo, l’intimità con se stessi.
In generale, ricorda Quattrini, «per prendersi cura della propria intimità occorre innanzitutto essere fedeli a ciò che si percepisce di essere. Occorre insomma essere fedeli alla propria identità».
Quale spazio rimane alla convivialità fra amici?
Ne abbiamo parlato con la giornalista enogastronomica Camilla Rocca e la possibile triste risposta è che la convivialità difficilmente nel breve periodo potrà esistere in una dimensione pubblica, cioè in luoghi come il ristorante.
Tavolate ce ne saranno ancora, sì, ma presumibilmente molte saranno in casa o in giardino. Si continuerà insomma a con-vivere – l’etimologia di convivialità significa proprio vivere insieme – ma in misura minore negli spazi aperti al pubblico, dove le misure sanitarie imposte scoraggiano molti dall’effettuare una prenotazione.
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