E voi lo sapevate che anche le parole si possono prestare?

Il prestito linguistico rivela scenari interessanti sul modo in cui le culture e le lingue entrano in contatto

Un giorno un po’ triste il signor Spagnolo si recò a casa del signor Italiano. Dopo qualche chiacchiera di circostanza Spagnolo, con un po’ di titubanza, confessò il motivo della sua visita. «Signor Italiano, la prego, mi presti qualche parola» chiese disperato. Italiano era un tipetto molto simpatico e tutto sommato generoso. Con un profondo sospiro, domandò: «Spagnolo, che parole ti servono questa volta?». Un po’ timidamente Spagnolo rispose: «Quelle che si usano per descrivere la musica classica. Le mie persone non ne hanno a disposizione». Italiano andò quindi nella sua cassaforte linguistica ed estrasse un po’ di parole e le consegnò con un gran sorriso a Spagnolo che tornò dai suoi parlanti tutto felice.

Per alcuni concetti, talvolta, i siparietti tornano utili. Con questa piccola scena ci siamo imbattuti in un fenomeno fondamentale, quello del prestito linguistico. Forse siete consapevoli del fatto che le lingue entrano in contatto nel corso degli anni; capita così che una presti parole a un’altra in settori più o meno specifici.

L’italiano, per esempio, ne ha prestate moltissime in giro per il mondo. Non è un caso se pizza è pizza in moltissimi paesi, bravo è utilizzato in altrettanti, opera – intesa come forma di spettacolo – è, seppur con una fonetica diversa, presente in varie lingue.

Naturalmente ci sono settori in cui siamo stati più “creditori” di altri: il cibo e la cultura in primo luogo, ma poi anche il mondo della navigazione, della moda e altri più insospettabili come il credito (bank, per dire, arriva dall’italiano banca).

Al tempo stesso, abbiamo preso in prestito molti termini da lingue diverse dalla nostra. E qui basta nominare la recente rivoluzione digitale per evocare termini che italiani evidentemente non sono: mouse, post (e il verbo derivato postare), smartphone e la lista potrebbe continuare a lungo.

Alcuni prestiti linguistici sono definiti “di necessità”, cioè indispensabili a una lingua che altrimenti non disporrebbe di un termine corrispondente nel proprio sistema. Altri non lo sono ed è il caso di tutti quegli anglicismi che spopolano in Italia – ad esempio nel mondo della comunicazione aziendale – e che fanno arricciare il naso ad alcuni di noi. In questo caso si parla di prestiti di lusso.

Per fare un esempio molto estremo, mi è capitato di sentire in bus: «ti forwardo subito l’email». Ok, inoltrare potrà non essere un verbo simpatico, ma forwardare non se pò sentì.

C’è poi un fenomeno ancora più curioso di cui vi parlerò prossimamente: capita che alcune parole che consideriamo straniere, arrivino in realtà dalla nostra lingua o da un suo genitore, come lo è nel nostro caso il latino.