«Ciao» è una delle parole che usiamo più spesso nel corso della giornata, eppure in pochi sanno da cosa deriva

«Ciao Paolo».

«Ciao Chiara».

Difficile immaginare un dialogo più semplice nella nostra lingua. Il saluto è un rito linguistico estremamente radicato, tanto che si è conservato come uno degli elementi più solidi anche nelle forme di comunicazione più recenti, come quella che avviene via e-mail.

Se vi chiedessero cosa significa ciao, probabilmente chiamereste la neuro. Ciao significa ciao, insomma. Ecco, forse la risposta più efficace sarebbe che questa parola ha la funzione di esprimere un saluto fra persone che hanno una certa confidenza.

Ma ciao da un punto di vista etimologico, cioè se guardiamo da quale termine deriva, con molta probabilità è figlio di un termine veneziano che significa schiavo. Le parole cambiano nel tempo, in diacronia come dicono i linguisti. Così dal latino sclavum deriva il veneziano sciavo; poi il tempo ha cancellato in un certo senso quelle due letterine, la s e la v, due suoni che spesso spariscono (o mutano) nell’evoluzione linguistica.

Quando i veneziani si incontravano si dicevano sciavo e sottintendevano l’aggettivo possessivo vostro. Era una formula di cortesia molto formale – sono vostro schiavo – che ha ricevuto il favore dei parlanti nei secoli successivi, arrivando fino ai giorni nostri. E non solo in Italia: non sono pochi, infatti, i paesi stranieri in cui questo saluto si è diffuso, fra cui quelli in cui si parla francese e inglese.

Pensate un po’, noi che ci lamentiamo spesso delle parole straniere importate, ne abbiamo esportata una così fondamentale come quella che serve per salutarsi. Il merito è anche del nostro cinema, della nostra musica e di prodotti simbolo dell’italianità come il Ciao della Piaggio.

E giusto perché ne siate consapevoli, non si limita a questa parola l’influenza che il veneziano ha avuto sulle lingue straniere. Basta pensare che molti dei termini legati alla marina nelle lingue europee sono prestiti o derivano proprio dall’antico veneziano, che quando si parlava di mare e navigazione poteva dire davvero a tutti Ciaone.

(Foto: unsplash.com).

Michele Razzetti

5 risposte a “Perché ogni giorno ci diciamo «ciao» e non «carote»?”

  1. […] sembrerà un po’ assurdo tutto ciò, ma se date un’occhiata qui, capirete che in realtà la stessa parola ciao deriva molto probabilmente da un sostantivo come […]

  2. Avatar Fabio Capoccetti
    Fabio Capoccetti

    Curiosa foto.
    In Francia Ciao (che originariamente era stato… traslitterato in “tchao”) viene usato per accomiatarsi, non quando ci si incontra.

  3. […] di una famiglia serve più che altro a visualizzare l’evoluzione linguistica. Sappiamo che le lingue cambiano, si evolvono. A scuola qualcuno avrebbe dovuto spiegarci – e in molti casi lo ha fatto – che […]

  4. […] ha ricordato un elemento fondamentale per capire come funziona il linguaggio. «La parola è un’etichetta che noi esseri umani attacchiamo alle cose. Perfino nella Bibbia c’è scritto che è l’uomo a dare i nomi alle […]

  5. […] due lettere in alcuni paesi non francofoni tendono a essere prodotte foneticamente come la c di ciao; niente di più sbagliato: quelle due lettere sono di fatto – tecnicamente – una sibilante […]

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