La faccia è un concetto sociologico fondamentale per alcune interazioni linguistiche; ecco perché via email è a rischio
«Ci metto la faccia», «ci ho perso la faccia»: due modi di dire forse non molto utilizzati oggigiorno ma che raccontano molto sulle nostre relazioni sociali e ci aiutano a comprendere un fenomeno molto curioso che chiama in causa il linguaggio.
La faccia, infatti, è alla base degli studi di Penelope Brown e Stephen Levinson che negli anni Ottanta la mutuarono dalle riflessioni del sociologo Erwin Goffman. Ecco come la definiscono i due linguisti: «the public self-image that every member wants to claim for himself» (1987: 62), cioè l’immagine pubblica che ogni membro (della società) vuole rivendicare per se stesso.
Parafrasando, potremmo dire che la faccia in termini sociologici è quell’insieme di qualità che vorremmo proiettare all’esterno e che speriamo vengano percepite e rispettate dalle persone con cui interagiamo. Un esempio molto banale è lo studente nella sua relazione con un docente: in molti casi desidera essere percepito come una persona precisa, preparata, educata e via dicendo.
Brown e Levinson andarono oltre e suddivisero questo concetto in due sottofacce: una negativa riconducibile al concetto di libertà d’azione e una positiva corrispondente al desiderio di approvazione da parte degli altri. Questi due aspetti della faccia sono fondamentali per ogni parlante che partecipa a un’interazione ed è indispensabile, per preservarli, che vi sia cooperazione fra gli interagenti.
In che modo c’entra la faccia con le email? La risposta è semplice: nelle interazioni via email mettiamo costantemente in gioco la nostra faccia, che quindi può essere lesa da ciò che ci scrivono. Anche qui un esempio pratico ci aiuta a capire: se qualcuno a cui scriviamo non ci dà del lei – e noi ce lo aspettavamo – avvertiamo che qualcosa non va.
Volgarmente potremmo definirla una mancanza di rispetto, tecnicamente si definisce face threatening act (FTA), un atto comunicativo che lede la nostra faccia. Secondo Brown e Levinson la gravità di un FTA può essere stabilità facendo ricorso a una formula che include alcuni fattori tradizionalmente importanti negli studi sociolinguistici: il potere di chi parla (quello di un capo è superiore a quello di un “sottoposto”; la distanza che c’è fra due persone che comunicano e infine il grado relativo dell’imposizione che caratterizza il FTA nel contesto culturale in cui si realizza.
In questo schema, poi superato da studi successivi, possono diventare FTA alcune categorie di atti comunicativi – che sono quelli a cui occorre prestare più attenzione quindi – fra cui ordini, richieste, critiche, gli enunciati che esprimono indifferenza, disaccordo o offesa e in generale i messaggi che veicolano sentimenti molto forti come le dichiarazioni di ammirazione, l’odio e la rabbia.