Un tuffo nel mondo tutt’altro che silenzioso delle lontre

Soffi, sbuffi, miagolii e grida: la lontra è un animale schivo, sì, ma comunica grazie a una serie variegata di strumenti vocali

La lontra, una vita silenziosa negli ambienti acquatici. Così intitola il libro dedicato a questo animaletto Claudio Prigioni, uno che di lontre qualcosina ne sa. Per chi non conoscesse questo splendido animale, non posso che consigliare caldamente questa leggera ma interessantissima lettura. Ma se non aveste voglia di leggere un intero libro su un animale di cui non avete nemmeno idea di come sia fatto, vi basterà pensare a suoi parenti di più celebre spessore come l’ermellino (quello della Dama di Leonardo) o il furetto, sostituto sempre meno raro per chi ritiene cani, gatti o persino coniglietti, animali troppo comuni.

Corpo affusolato, pelosetti e “pucciosi”, lunga coda, dimensioni simili a un gatto. Avete presente? Bene! Adesso ricopriteli dalla testa ai piedi con una densa pelliccia bruna, ingranditeli fino alle dimensioni di un cane di piccola-media taglia e immaginate di buttarli in una piscina e scoprire che sono dei provetti nuotatori. Adesso grossomodo sapete cos’è una lontra.

In realtà nel mondo ne esistono di varie specie, di dimensioni anche molto diverse fra loro. Si pensi che la lontra gigante del Brasile, può raggiungere la lunghezza di un metro e mezzo (gigante appunto) e che, se arrabbiata, può permettersi di litigare anche con giovani caimani.

Ma torniamo alla nostra specie europea. È presente anche in Italia, principalmente nei fiumi delle regioni meridionali, ma fino agli anni ‘60 popolava le acque dolci di gran parte del territorio della penisola e negli ultimi anni pare stia provando a fare capolino nel nord Italia, dalle nazioni d’oltralpe. In Val d’Aosta, per la precisione presso il Centro Acqua e Biodiversità di Rovenaud-Valsavarenche, immerso nel parco del Gran Paradiso, ho avuto il privilegio di conoscere tre esemplari di questa meravigliosa specie. In particolare, grazie all’attività di fototrappolaggio, tecnica che permette di riprendere gli animali tramite telecamere a sensore di movimento senza che questi vengano disturbati dalla presenza umana, ho potuto osservare molte delle loro attività. In particolare le ho sentite “chiacchierare” fra loro.

Ebbene sì, esattamente come uccellini che sentiamo cantare fin dalle prime luci dell’alba, o come i nostri amici domestici che hanno tanti modi e versi per comunicarci i loro stati d’animo e bisogni (chiunque abbia avuto cani o gatti potrebbe elencarne almeno una decina), anche le lontre hanno sviluppato un efficiente sistema di comunicazione.

Ciò che si sa sul loro modo di comunicare attraverso lo spettro acustico lo si deve principalmente agli studi su animali in cattività, questo perché le lontre sono molto elusive e dalle abitudini principalmente notturne. Infatti, la “vita silenziosa” di cui parla Claudio Prigioni è più probabilmente un riferimento allo stile schivo ed elusivo della lontra di cui lo studioso riporta nel proprio libro un vasto repertorio vocale.

Soffi e sbuffi, ad esempio, sono vocalizzazioni molto rumorose che le lontre utilizzano per comunicare uno stato di ostilità verso altre lontre o altri animali (uomo compreso). Ma sebbene per gli animali selvatici in generale i suoni di minaccia siano di fondamentale importanza, non si può vivere di sola ostilità. E le lontre, infatti, hanno sviluppato anche molti versi “sociali”, tra cui rientrano i mormorii, pigolii emessi dai cuccioli per attirare l’attenzione di mamma lontra quando si trova nei paraggi o fischi forti quando si allontana troppo da loro. O ancora i miagolii, molto simili al verso del felino domestico, generalmente indicanti richieste di cibo anche rivolte ai custodi degli animali in cattività. E ancora brontolii, fischi di diverse intensità, lamenti e grida, sono solo alcuni dei suoni che questi simpatici animali utilizzano nelle loro attività quotidiane, mentre cercano piano piano di ritagliarsi nuovamente il loro piccolo spazio nei fiumi italiani che per anni sono stati la loro casa.

Enrico Mirone