Poco Ricco, nel testo della geniale canzone di Checco Zalone

Irriverente, ironico, e strutturato su una riflessione che riguarda tutti noi: ecco il testo di Poco Ricco di Zalone

Cantata la seconda sera del 72° Sanremo, Poco Ricco ha entusiasmato il pubblico con la sua genialità, tipica peraltro di molti prodotti artistici di Checco Zalone, in grado di raccogliere un consenso molto trasversale.

Anche dietro al testo di Poco Ricco c’è una riflessione quanto mai attuale sulla questione dei soldi e sulla percezione di averne sempre pochi, qui portata all’estremo con la figura emblematica del rapper.

Perché i rapper/trapper? Perché nei testi di questi cantanti spesso c’è una sorta di denuncia delle proprie ristrettezze economiche, che però molto spesso si scontra con i cachet – quanto vengono pagati per un’esibizione – che ricevono. Certo, i rapper cantano di situazioni economiche difficili non necessariamente in relazione a loro stessi – o comunque non in riferimento al momento in cui compongono il testo di una canzone – però qui si tratta di una scusa per Zalone per affrontare un tema più generale, che tocca un po’ tutti noi. È la nota questione del volere sempre di più, di sentirsi braccati da un’insoddisfazione che spesso chiama in causa il nostro conto in banca e ciò a cui ci permette di accedere.

Già il titolo, che racchiude al tempo stesso uno pseudo-paradosso e una pseudo-litote (figura retorica che afferma qualcosa negando il suo contrario), è vincente: ci si può definire poco ricchi? E soprattutto, quando ci si può dire ufficialmente ricchi? La risposta è sempre molto relativa: per qualcuno bastano 1500 euro al mese per sentirsi “ricco”, per altri non ne bastano 15mila.

Il testo, da un punto di vista linguistico, è interamente strutturato sull’ironia e cita una quantità di oggetti (Playstation, iPhone, Porsche, il caicco), marchi (Prada) ed esperienze (Cracco) che accendono immediatamente nell’ascoltatore uno scenario contraddistinto da ricchezza e grandi possibilità economiche.

L’uso della rima baciata attraversa il testo quasi nella sua interezza, anche con soluzioni poco scontate come quella fra represse ed esse (legato all’iPhone).

Fra le immagini più potenti e poetiche c’è quella dello sfratto di Dio, che si rende necessario per l’acquisto del Duomo.

Ecco qui di seguito il testo di Poco Ricco:

Che ne sai di me

della mia Playstation 2 quando già da un po’ c’era la 3.

Che ne sai di me

delle gioie mie represse

del mio iPhone 5 senza la s

quando cammini per strada

vedi l’insegna di Prada

ma senti una voce amara

che ti dice «Zara».

Quando nell’autosalone

dici: «Scusi, un’informazione:

quel Porsche nero c’è a chilometro zero?».

Quando ti senti prigioniero

nel tuo quartiere galera

perché vivi a tre chilometri da Brera,

e lì la sera guardavo la ringhiera,

stavolta mi impicco.

Sento ancora le ferite di quando ero Poco Ricco.

Sai, ci penso quando attracco con il mio caicco,

mamma mia, quanto ero poco ricco

quando scendo do la mancia allo sceicco.

Minchia zio com’ero poco ricco,

quando compro i croccantini del mio cane bracco

– «da chi li hai comprati?», «da Cracco» –

uno glielo scrocco per rispetto di mia madre,

devastata dopo yoga la mattina;

dentro casa una sola filippina,

dolce botulina,

adesso ne hai 44 in fila

col resto di due.

E ricordo mio padre con le puttane in viale Monza,

quella a 20 euro bassa e con la panza;

adesso ho un padre eccezionale:

va a puttane dentro il bosco verticale;

e lì ci ho preso un trilocale,

ci vado a meditare

e dal terrazzo dietro Corso Como guardo il Duomo.

«Lo compro io,

si può sfrattare dio?».

E lì il morale cade a picco

Il cash non mi ha cambiato,

sono ancora poco ricco.

Sai, ci penso quando attracco con il mio caicco

mamma mia quanto ero poco ricco

quando scendo do la mancia allo sceicco.

Minchia zio com’ero poco ricco

quando compro i croccantini del mio cane bracco

«Da chi li hai comprati?»

«Da Cracco»

A tutti i poco ricco del mondo,

io vi conosco. E c’ho le ragadi.

(Nella foto, un’immagine tratta dal video di Poco Ricco).