È la domanda che si pone il gruppo Incipit dell’Accademia della Crusca
Poste delivery, Delivery Express, Delivery standard, Delivery Globe e molti altri: le Poste Italiane oggi parlano molto in inglese. Probabilmente ognuno di noi se n’è reso conto provando ad accedere al sito della nostra azienda nazionale per le spedizioni.
Questa concessione massiccia agli anglismi si addice a un servizio pubblico? Per il gruppo Incipit dell’Accademia della Crusca decisamente no. E non è una posizione aprioristica avversa ai forestierismi. No, perché come abbiamo sottolineato anche nell’incontro dedicato all’uso degli anglismi di 6per6 (che potete riascoltare qui sotto) non è un peccato mortale fare ricorso a parole straniere in generale; il problema si pone nelle comunicazioni delle amministrazioni pubbliche che dovrebbero porsi lo scrupolo di non escludere potenzialmente nessun cittadino dalla comprensione.
Delivery, per esempio, deriva dal verbo to deliver, a sua volta discendente dell’antico francese délivrer, “figlio” del latino DE-LIBERARE. Significa sostanzialmente spedizione o pacco; e di fatto, fino a qualche anno fa i servizi delle Poste erano chiamati pacco ordinario, pacco celere, e così via.
L’uso della lingua inglese in questo contesto presenta inoltre qualche scivolone sintattico se paragonato alle regole della lingua della Regina: delivery standard ha un ordine degli elementi contrario rispetto all’originale. Le Poste, infatti, hanno utilizzato termini inglesi ma con l’ordine sintattico più frequente, tecnicamente non marcato, dell’italiano che prevede che l’aggettivo segua il sostantivo a cui fa riferimento, diversamente dall’inglese che, invece, ha sempre la sequenza aggettivo + sostantivo.
«Sono nomi che probabilmente vogliono evocare l’aggiornamento tecnologico di una logistica al passo con i tempi, ma l’efficienza sarebbe identica se espressa con una più comprensibile nomenclatura italiana. Il gruppo Incipit suggerisce che un’azienda investita di un servizio pubblico come le Poste non debba cedere alla sirena del marketing fino a scegliere per le proprie prestazioni, destinate a utenti di lingua italiana, denominazioni che sicuramente non rendono l’offerta più perspicua e chiara, e neppure facilitano il contatto con il pubblico o la scelta del prodotto» osserva il gruppo di lavoro della Crusca che esamina neologismi e forestierismi impiegati nel campo della vita civile e sociale, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana, al fine di proporre eventuali sostituenti italiani.
(Nell’immagine una sezione del sito delle Poste Italiane).