A Firenze un museo della lingua italiana

Secondo quanto dichiarato dal ministro Franceschini sorgerà in un’area di Santa Maria Novella a Firenze

Non so se succeda anche a voi, però in genere quando penso a un museo, mi viene in mente un edificio che custodisce un pezzo di storia. E non lo faccio apposta, però penso anche a degli oggetti, in genere antichissimi. Questo deve essere grossomodo il concetto stereotipato di museo che ho costruito nel corso degli anni.

Mi sorprende quindi – per molti versi positivamente – la notizia che a Firenze, in un’area del complesso di Santa Maria Novella, dovrebbe sorgere un museo della lingua italiana perché in senso stretto la lingua non ha oggetti tangibili. Mi manca in questo senso un pezzetto della mia idea di museo.

Firenze (off topic: se ci andate fate un salto alla nuova Manifattura Tabacchi di cui vi parlo qui, se vi interessa) è in un certo senso una scelta doverosa. La nostra lingua letteraria, cioè quella che è stata utilizzata per le opere che sono parte della nostra letteratura, deve molto al dialetto fiorentino-toscano.

Si citano in questo caso i tre grandi del Trecento: Dante (che in realtà nasce poco dopo la metà del Duecento, ma non sottilizziamo), Petrarca (che fiorentino non era, in quanto nato ad Arezzo) e Boccaccio; un microripasso delle rispettive opere più citate dovrebbe comprendere la Divina Commedia (ginepraio sul nome effettivo, non ci entriamo), Canzoniere e Decameron (l’accento tonico è sulla o, !). Una curiosità su questi tre che lascerà molti spiazzati è che in realtà, a ben vedere, per quanto riguarda la poesia l’influenza più grande sulla produzione italiana l’ha avuta Petrarca e non Dante. Non a caso si parla di petrarchismo: comporre rime come l’autore del Canzoniere divenne presto una moda e soprattutto nel Cinquecento un fatto quasi ineludibile.

Firenze si candida come città ideale anche per un altro motivo: qui sorge l’Accademia della Crusca, la più antica accademia linguistica al mondo. Franceschini, da quanto riporta l’Ansa, ha riconosciuto la bontà dell’idea, nata qualche anno fa su iniziativa di diversi linguisti e italianisti: “è molto positiva, non mi pare ci sia città più adatta di Firenze, e quindi stiamo ragionando su quello”. E il 2021, anno in cui ricorre il 700° anniversario dalla morte di Dante, potrebbe essere un anno particolarmente adatto per dar vita a questo progetto.

Viene spontaneo domandarsi tuttavia come sarà questo museo e cosa conterrà. Come accennavamo all’inizio dell’articolo in una struttura museale ci si aspetta di vedere qualcosa; aggiungiamo, qualcosa di significativo. E non è facile rendere accattivante, per dire, un manoscritto di Pietro Bembo (chi?!?! eh, qui non c’è tempo che poi morite di noia, ma fidatevi, nella storia della lingua italiana è straimportante).

Sì, per carità, oggi c’è tutto un popò di tecnologia che una mano può darla, però anche lì va maneggiata con cura, che è un attimo che ti ritrovi in una succursale di Gardaland. Mi auguro non prevalga una certa “polverosità” perché è davvero un’occasione straordinaria per far conoscere (meglio) l’origine e la storia della nostra lingua, che – gongoliamo per questo – continua a essere una delle più apprezzate al mondo.

E come ultima speranza ho quella che siano presenti anche alcuni percorsi più linguistici; e non parlo di storia della lingua, quella che ha un taglio letterario per capirci, ma piuttosto di scienze del linguaggio, cioè quelle con cui familiarizziamo in modo (spero) frizzante qui su Linguinsta. Vedremo, ma a ogni modo, l’iniziativa non può che essere accolta con un sonoro applauso.

(Foto: pixabay.com).