È quanto accaduto a un paziente che, una volta negativizzato e a seguito di una lesione cerebrale, non riusciva più a leggere neanche ciò che scriveva lui stesso
L’alessìa è l’incapacità di leggere, una condizione piuttosto rara da un punto di vista percentuale. Può derivare in alcuni casi da lesioni cerebrali ed è proprio quanto è accaduto a un paziente affetto da Covid19. Prima sono arrivati i classici sintomi del virus, fra cui i deficit respiratori; poi dopo tre giorni dalla negativizzazione, l’uomo ha accusato la perdita della vista nella parte destra del campo visivo, sintomo che ha dato avvio a esami diagnostici che hanno rilevato la presenza di un ictus ischemico a carico della parte posteriore dell’emisfero cerebrale sinistro. Sottoposto a valutazione neuropsicologica, sono state individuate quali funzioni cognitive fossero state risparmiate e quali invece colpite. Ne è emerso che il paziente aveva perso la capacità di leggere.
«Il paziente conservava, invece, la sua capacità a scrivere, ma era poi incapace di leggere quello che aveva tracciato sul foglio» ha spiegato il Professor Konstantinos Priftis del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova che ha trattato e studiato con alcuni colleghi questo che può essere considerato il primo esempio al mondo nel suo genere.
«La specificità del caso studiato è di particolare importanza perché l’ictus si è manifestato tre giorni dopo la negativizzazione. Quindi i disturbi di coagulazione scatenati dalla Covid19 potrebbero essere stati ancora attivi anche dopo la negativizzazione. Che il SARS-CoV-2 causi ictus non può essere direttamente dimostrato – continua Konstantinos Priftis – ma abbiamo alcune significative evidenze: il rischio dell’ictus nei pazienti con SARS-CoV-2 è due volte più alto rispetto al rischio di quelli affetti da SARS-CoV-1 o da sepsi. Ci sono evidenze che il Covid19 può provocare disturbi mentali generalizzati (ansia, depressione, agitazione, ecc.). Recentemente alcuni studi hanno riportato la presenza di difficoltà di memoria e delle funzioni pianificatrici del comportamento. Con i miei colleghi, a Bergamo prima e adesso a Treviso, siamo stati i primi al mondo a riportare casi di disturbi cognitivi extra-specifici di scrittura (Bergamo) e ora di lettura (Treviso) in paziente post Covid19 che avevano un profilo cognitivo ampiamente risparmiato per il resto».
Fondamentale per il completo recupero del paziente un servizio di neuropsicologia attivo all’Ospedale di Treviso, che ha diagnosticato e riabilitato il deficit mentale conseguente la lesione cerebrale recuperando perfettamente la capacità di leggere.
La neuropsicologia, disciplina che si occupa delle relazioni tra mente e cervello, si rivela così estremamente utile nei contesti ospedalieri, a maggior ragione nella situazione sanitaria complessa che siamo affrontando. Un servizio che serve a diagnosticare e riabilitare deficit che riguardano la percezione, l’attenzione, la memoria, il linguaggio orale o scritto, la capacità di effettuare calcoli aritmetici, la capacità di svolgere azioni motorie complesse e di pianificare le attività quotidiane. «La riabilitazione neuropsicologica è di fondamentale importanza per il ritorno del paziente alle proprie attività quotidiane. Per esempio, in seguito alla lesione nella parte sinistra del cervello, un paziente può mantenere intatte tutte le sue funzioni corporee e mentali (cammina, parla, vede, ecc.), ma come nel nostro caso può diventare incapace di leggere. Apparentemente – dice Konstantinos Priftis primo autore dello studio – potrebbe sembrare un deficit di poco conto se paragonato a una paralisi, ma un’incapacità di lettura comporta per la persona l’impossibilità di informarsi tramite un giornale, di progredire nella sua carriera professionale, seguire la trama di un romanzo, comprendere i contenuti di un contratto scritto, leggere la lista di una spesa che lui stesso può aver scritto, consultare la rubrica telefonica del suo cellulare. Le conseguenze nella vita quotidiana del paziente possono essere tremende».
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