Le lingue nel turismo? Fondamentali, ma in Italia non lo abbiamo ancora capito

Ripetiamo da anni questo ritornello, ma nel nostro Paese ci sono ancora zone impreparate e altre dove il tedesco «vale» più dell’inglese

Le lingue hanno un valore culturale e questo, bene o male, lo sappiamo tutti. Che possano avere però anche un valore economico è un concetto forse meno immediato. Eppure, è sotto gli occhi di tutti noi che da un punto di vista professionale la conoscenza di uno o più sistemi linguistici spalanca diverse opportunità: un tratto in grado di aumentare il capitale umano di un professionista. «Un aumento di questo tipo, a parità di altre condizioni, si traduce solitamente in un maggiore reddito e in migliori opportunità occupazionali, cioè minore disoccupazione» ha osservato su Vanity Fair Italia Michele Gazzola, docente all’Università dell’Ulster ed esperto di economia delle lingue.

In alcuni settori le lingue straniere sono competenze presumibilmente indispensabili. Quello turistico, in un mondo globalizzato come quello in cui viviamo, è senza dubbio uno di questi; tuttavia, in Italia spesso questa che può sembrare un’ovvietà stenta ad attecchire. Non ovunque: alcune parti del nostro Paese sono più votate al plurilinguismo di altre per motivi storico-culturali e fra queste spicca l’Alto Adige, dove si trova uno degli esempi più riusciti di bilinguismo nel territorio italiano. Una caratteristica che curiosamente non trova sempre un riscontro anche nel settore dell’ospitalità.

Proprio in Alto Adige si trova Merano, città che negli anni si è affermata come punto di riferimento per il turismo del benessere: si viaggia, sì, ma (anche) per rigenerare il corpo (e di conseguenza la mente, dal momento che il legame fra questi due elementi è inscindibile). Noi abbiamo parlato del valore delle lingue straniere nel turismo con Angelika Schmid, la cui famiglia possiede da decenni una struttura ricettiva di eccellenza (alcune foto le trovate qui sotto) in questo panorama, Villa Eden, dove sportivi, imprenditori e celebrità, riescono a staccare la spina per qualche giorno dalla frenesia quotidiana e recuperare il proprio equilibrio psico-fisico grazie alla vasta gamma di trattamenti disponibili, a un contesto naturalistico bucolico e a un’attenzione oculata all’alimentazione.

Angelika, in generale quanto conta la comunicazione nell’esperienza di un ospite di una struttura ricettiva?

«La comunicazione è fondamentale: nella mia carriera ho visto che tanti disguidi nascono da una carenza in questo ambito».

E in questo contesto come si inserisce la conoscenza delle lingue straniere?

«Senza dubbio sono molto importanti: chi lavora nel turismo dovrebbe conoscerne almeno tre, se non addirittura quattro. L’Alto Adige per la sua storia è un territorio che dovrebbe fornire naturalmente a tutti un bilinguismo di alto livello, ma purtroppo le potenzialità di questo elemento a mio avviso sono state sfruttate poco».

Perché?

«Provo a spiegare questo concetto con un esempio che mi riguarda. Quando ero piccola i miei genitori hanno avuto l’intuizione di farmi frequentare un asilo di lingua italiana: le prime due settimane ho pianto molto perché non capivo nulla; in casa d’altronde parlavamo sempre tedesco. Ma presto ho iniziato a padroneggiare anche questa seconda lingua e ciò che ho imparato all’asilo mi ha permesso di “vivere di rendita” fino alla terza superiore senza dover studiare questa lingua sui libri».

In che senso studiare? Ci può spiegare meglio cosa accade nel percorso scolastico degli altoatesini?

«Normalmente se provieni da una famiglia che ha il tedesco come madrelingua, frequenti le scuole tedesche in cui tutte le materie sono insegnate in questa lingua. L’italiano è studiato come lingua seconda e solo alle medie si aggiunge anche l’inglese come terza lingua».

E questa impostazione favorisce il bilinguismo di tutti gli altoatesini?

«L’impostazione linguistica di questo territorio in passato ha subito condizionamenti politici che si sono intestati campagne di preservazione del tedesco. Se avessi potuto decidere io, avrei creato un unico sistema scolastico in cui alcune materie dovevano essere studiate in italiano e altre in tedesco».

Ma che tipi di tedesco e di italiano si parlano in Alto Adige?

«La varietà di tedesco altoatesino mi pare un po’ più povera per certi aspetti rispetto a quella standard della Germania e dell’Austria; viceversa, l’italiano che parlano le famiglie di madrelingua italiana ha pochi tratti regionali e si avvicina allo standard nazionale».

E a vostri clienti altoatesini come prima scelta in quale lingua vi rivolgete?

«In una struttura boutique come la nostra riusciamo a capire abbastanza in fretta chi abbiamo di fronte. A ogni modo insisto sempre con i nostri collaboratori affinché mettano a fuoco il prima possibile le caratteristiche, comprese quelle linguistiche, dei nostri ospiti».

Quindi la conoscenza delle lingue a Villa Eden gioca un ruolo importante nella selezione del personale?

«Idealmente tutti i nostri collaboratori dovrebbero essere autonomi in italiano, tedesco e inglese, ma non sempre purtroppo è così. Naturalmente nella scelta dei terapisti, viene privilegiata la competenza tecnica rispetto a quella linguistica».

Qual è il suo parere sulla conoscenza media dell’inglese nelle strutture turistiche italiane?

«In alcune zone italiane, dove da sempre si lavora con i turisti internazionali, se la cavano bene sotto questo profilo. In altre facciamo più fatica e alcuni operatori parlano solo l’italiano. Noi abbiamo notato che il cliente che viene dai paesi germanofoni e del nord Europa da un punto di vista linguistico è più esigente quando viene in una zona come l’Alto Adige, dove sa che si parla anche il tedesco, rispetto a quando viaggia in altre zone, dove l’italianità, anche nella lingua, viene accettata con maggiore flessibilità».

Anche in Alto Adige l’inglese è la lingua più utile nel settore turistico?

«Merano, ma anche la Val Venosta e in generale la zona occidentale dell’Alto Adige, sono zone che hanno una tradizione lunga e corposa di turismo di lingua tedesca: qui il tedesco “vale” più dell’inglese da un punto di vista professionale nell’ospitalità. Una situazione diversa si trova nell’area orientale dell’Alto Adige, dove è maggiore la presenza di turisti italiani e internazionali».